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Avere dei maestri.....

Aggiornamento: 11 apr 2020

Eugenio Borgna psichiatra, saggista e accademico  https://youtu.be/tQFWcCV9r9o Umberto Galimberti filosofo, sociologo, psicoanalista e accademico, nonché giornalista de La Repubblica https://youtu.be/Xhu35KHKmZI Ho lavorato per molti anni nei servizi territoriali psichiatrici di Torino. Ho iniziato a lavorare come psichiatra, senza aver fatto la specialità, quando da poco erano stati istituiti gli ambulatori e i reparti ospedalieri specialistici; gli infermieri erano quelli che avevano lavorato in manicomio. La Riforma Basaglia era entrata in vigore da non molto: si partiva con nuove istituzioni, ma negli ambulatori delle periferie poco si sapeva di questi grandi cambiamenti: molti infermieri, non avevano partecipato in maniera attiva ai movimenti di rinnovamento e avevano subito quei grandi rivolgimenti, senza comprenderli. Gli psichiatri erano pochi e gli psicologi meno ancora, gli ospedali avevano pochissimo spazi per i ricoveri. Ho cercato di avvicinarmi ad un tipo di psichiatria che fosse attenta ai vissuti emotivi verso i quali avevo un profondo interesse. Ho avuto dei maestri con cui ho sviluppato un tipo di lavoro attento alle dinamiche psicologiche. Con un’analisi personale e con letture di testi di psicanalisti ho coltivato la conoscenza di me stessa e degli altri, per risolvere le mie problematiche e per capire i pazienti. Umberto Galimberti, filosofo e psicanalista e lo psichiatra Eugenio Borgna sono stati tra i miei maestri. Ora, facendo parte del gruppo “conoscere per migliorare”, con cui condivido un percorso di ricerca, con piacere segnalo l’interessante presentazione dell’ultimo libro dello psichiatra Eugenio Borgna “Il fiume della vita. Una storia interiore”. Sento la mia storia affine alla sua. Cerco qui di descrivere i contenuti del video dove il libro viene presentato, perchè mi sembrano in linea con quelli che abbiamo espresso nel nostro video https://www.youtube.com/watch?v=tAbYDLkZMug e con quanto finora abbiamo condiviso nel gruppo: un tipo di sensibilità aperta all’attenzione del mondo interiore, alla relazione con la famiglia e la società, oltre che al contenimento dell’uso degli psicofarmaci e alla qualità dei servizi. Con l’autore interviene lo psicanalista Umberto Galimberti che inizialmente racconta di quando, giovane filosofo nel ‘75, conosce Borgna al manicomio femminile di Novara dove lo psichiatra è direttore dai suoi 32 anni; da allora tra loro inizia una collaborazione con profonda stima reciproca. La psichiatria, a cui fanno entrambe riferimento, ritiene che solo relazionandosi al malato e non alla “malattia” sia possibile un approccio, un dialogo e un ascolto che siano terapeutici, tenendo conto dell’importanza della parola, del silenzio e del gesto. Psichiatria non è scienza, dicono. Per entrare nel campo della soggettività, al fine di mettersi in rapporto in maniera terapeutica con un altro essere umano, non bisogna considerarlo un “caso”. E’ necessario un approccio, non solo organicista o solo psicologico, che coinvolga la complessità della vita interiore che, come la letteratura e la poesia, parla anche dell’indicibile: la follia è dentro e fuori del “malato”, nella profondità di ogni essere umano. Con questa psichiatria le parole diventano significative, insieme a gesti e silenzi: sono come farmaci, nel bene e nel male, e vanno trattati con molta attenzione e profondità. Questa psichiatria non rappresenta un vantaggio per le case farmaceutiche perché il farmaco, anche se non è rifiutato, non è il primo e a volte unico intervento. IL dialogo con il paziente usa associazioni di pensieri e immagini, intuizioni labili ed effimere, che fanno nascere una matrice di solidarietà, un’apertura più intensa verso la speranza, speranza anche là dove sembra svanita.....come una rivoluzione morale nascono nuove sorgenti, nuovi orizzonti di senso. Non si elude il tema della morte, del dolore e della fragilità. La follia insegna a capire quello che accade anche in noi: la follia dentro di noi, le nostre affinità e analogie. Questo libro è una narrazione, la storia della vita interiore di Eugenio Borgna. Certo riferirsi, dare valore e approfondire lo studio della propria vita interiore, non è cosa comune oggi tra gli psichiatri. Connettersi con l’interiorità dei propri pazienti è possibile solo con una conoscenza profonda della propria interiorità, coltivandola attraverso anche la “comunità” e condivisione con i pazienti; questa conoscenza è ricerca a volte disperata; non fatta di schemi ma di parole decisive, scelte con l’aiuto dell’ “Intelligenza del cuore”, dell’intuizione, anche della letteratura e della poesia (sorella meno sfortunata della follia ). La vita di Eugenio Borgna è stata caratterizzata da una adolescenza fragile, insicura, timida che si è tradotta in pratica terapeutica. Una forma di psichiatria che “comprende” non “spiega “ (come fa la scienza); una psichiatria che non vuole escludere l’uso della scienza, ma ne vede bene i limiti. IL dialogo che voglia essere terapeutico contiene parole significative che, insieme a silenzi e gesti, possono catturare l’indicibile, per trasformarlo in dicibile; questa psichiatria non ha certezze: la soggettività riguarda il singolo e non può essere scienza, ma dialogo tra esseri umani. E’ una incertezza che riesce a rispecchiare la certezza della vita interiore dentro di noi, in movimento come la vita; incertezza che mostra come la vita interiore si modifichi, quando compresa ed ascoltata. C’è a volte una solitudine chiusa, murata, che non riesce a comunicare ma contiene in sè una profonda nostalgia della relazione, desidera essere ascoltata e compresa a fondo. La lunga esperienza di Eugenio Borgna nel manicomio femminile lo porta a riflettere sulla specificità del mondo delle donne; secondo lui per esempio più facilmente le donne ammettono le debolezze e ne parlano. Hanno un’intelligenza intuitiva, sentimentale, capace di ascoltare e dire l’essenza delle cose in maniera maggiore rispetto agli uomini. Con la filosofia di Galimberti e la psichiatria di Borgna si passa da una astrazione concettuale, che divide corpo ed “anima”, alla visione di un corpo considerato come vivente in relazione con il mondo, l’ambiente. Non corpo come macchina quindi, organismo da studiare e su cui intervenire, ma corpo come centro di esistenza reale, in una specifica, unica, forma e modalità di relazione con il mondo. Non corpo oggetto ma corpo vitale. Il “caso” non è una somma di sintomi come nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali è stato definito negli anni la Bibbia della psichiatria ) viene descritto ma una persona con un’esistenza che ha un senso ed un significato coerente, non superficiale; solo una psichiatria che sappia giungere a questo senso, ed ascoltare, può curare. Ora la psichiatria più comune è insopportabile, dice Galimberti; la neuroscienza prescinde dai significati, non tiene conto che non c’è depressione uguale ad un’altra, non vede che l’importante è come il singolo vive la sofferenza, nella sua unicità. Riso e pianto, per esempio, possono usare gli stessi muscoli ma non possiamo certo dire che abbiano le stesso significato!!! IL DSM fa solo un elenco di sintomi, utile per le case farmaceutiche. La statistica non capisce l’essenza umana e non cura. I robot e le macchine potrebbero usarla ma senza comprendere l’essenziale: non è più psichiatria perchè non si arriva alla dimensione della vita; si uccide la vita. La relazione autentica recupera la fluidità dell’esistenza e dei cambiamenti che accadono nella “comunità di destino” tra terapeuta e paziente. Con il DSM rinasce il manicomio. Non è possibile quantificare la tristezza, il male di vivere, l’ansia, la gentilezza l’angoscia, la fragilità dell’anima!! Il terapeuta deve avere delle capacità che sono anche innate ed avere interesse per l’uomo nella sua dimensione interiore. Deve agire sulla base di una intelligenza intuitiva, “intelligenza del cuore”. Lo psichiatra Basaglia, che ha reso possibile il crollo dell’istituzione manicomiale in Italia, aveva un approccio simile a Borgna e a Galimberti; ha avuto sensibilità, intelligenza e coraggio, anche nell’affrontare le difficoltà istituzionali, per esempio il conflitto con i sindacati degli infermieri che temevano la rottura delle catene manicomiali. L’ascolto della dimensione interiore, e della follia, aiuta a svelare la violenza dove a volte si nasconde; insegna a scegliere le parole nella famiglia e nella società, insegna la delicatezza dell’immedesimazione, degli affetti condivisi, della partecipazione emotiva; rende più umani, più aperti alla comprensione del dolore.

Livia Gay.



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