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Solitudine - la lontananza dalla famiglia




Il Gruppo di ricerca per la salute mentale Conoscere per Migliorare - Torino ha colto delle analogie fra il tema della solitudine, denunciato in una lettera scritta da un signore di 85 anni morto in una RSA per aver contratto il Coronavirus pubblicata su https://www.famigliacristiana.it/ del 22 aprile 2020, e la solitudine delle famiglie che hanno un proprio caro sofferente di disagio psichico.


L’anziano padre e nonno affronta un tema molto doloroso che prescinde dal momento contingente della malattia Covid 19 per trascendere a un dolore più vasto e universale: quello che si prova quando si allontana una persona cara, non necessariamente un anziano, dalla famiglia per “ sistemarlo” nel migliore dei modi in un altro luogo.


Le grandi case raccontate da Isabelle Allende che ospitavano “una tribù di bisnonni, zie zitelle, cugini, persone di servizio, parenti poveri e amici che piantavano le tende per sempre” non esistono più neanche a Santiago. Le nostre case, il nostro modo di vivere, la famiglia nucleare non offrono spazio e tempo alle persone amate anziane o portatrici di disabilità fisiche o psichiche. Non inneggiamo a un passato che comunque non era privo di problemi, il momento storico è questo e vivere nel 2020 ci piace nonostante tutto. Pensiamo, però, che alcuni provvedimenti potrebbero essere presi in considerazione. Chissà se in alcuni casi, quando la situazione lo rende possibile, la messa in atto di interventi sul territorio a domicilio e di strategie di sostegno alle famiglie, per lo più emarginate nel percorso di cura, non avrebbero dato e darebbero sollievo a pazienti e familiari?


Ecco uno stralcio della lettera che è un testamento morale dell’anziano avvocato : Addio, in questa prigione dorata non mi è mancato nulla se non le vostre carezze

Non volevo dirvelo per non recarvi dispiacere su dispiacere sapendo quanto avrete sofferto nel lasciarmi dentro questa bella "prigione". Si, così l'ho pensata ricordando un testo scritto da quel prete romagnolo, don Oreste Benzi che parlava di questi posti come di "prigioni dorate". Allora mi sembrava esagerato e invece mi sono proprio ricreduto. Sembra infatti che non manchi niente ma non è così … manca la cosa più importante, la vostra carezza, il sentirmi chiedere tante volte al giorno "come stai nonno?", gli abbracci e i tanti baci, le urla della mamma che fate dannare e poi quel mio finto dolore per spostare l'attenzione e far dimenticare tutto. In questi mesi mi è mancato l'odore della mia casa, il vostro profumo, i sorrisi, raccontarvi le mie storie e persino le tante discussioni. Questo è vivere, è stare in famiglia, con le persone che si amano e sentirsi voluti bene e voi me ne avete voluto così tanto non facendomi sentire solo dopo la morte di quella donna con la quale ho vissuto per 60 anni insieme, sempre insieme. ( …)


Non è stata vostra madre a portarmi qui ma sono stato io a convincere i miei figli, i vostri genitori, per non dare fastidio a nessuno. Nella mia vita non ho mai voluto essere di peso a nessuno, forse sarà stato anche per orgoglio e quando ho visto di non essere più autonomo non potevo lasciarvi questo brutto ricordo di me, di un uomo del tutto inerme, incapace di svolgere qualunque funzione.


Certo, non potevo mai immaginare di finire in un luogo del genere. Apparentemente tutto pulito e in ordine, ci sono anche alcune persone educate ma poi di fatto noi siamo solo dei numeri, ( …)

Ma vorrei che sappiate tutti che per me non dovrebbero esistere le case di riposo, le Rsa, le "prigioni" dorate e quindi, si, ora che sto morendo lo posso dire: mi sono pentito. Se potessi tornare indietro supplicherei mia figlia di farmi restare con voi fino all'ultimo respiro, almeno il dolore delle vostre lacrime unite alle mie avrebbero avuto più senso di quelle di un povero vecchio, qui dentro anonimo, isolato e trattato come un oggetto arrugginito e quindi anche pericoloso ( …) La mia dignità di uomo, di persona perbene e sempre gentile ed educata è stata già uccisa. ( …) Fate sapere ai miei nipoti (e ai tanti figli e nipoti) che prima del coronavirus c'è un'altra cosa ancora più grave che uccide: l'assenza del più minimo rispetto per l'altro, l'incoscienza più totale.



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